È strano pensare come sia possibile affezionarsi anche ad un postaccio come il carcere.
Eppure anche in un istituto penitenziario esiste la vita.
È fatta di imperfetti, che a modo loro tentano una lotta al sopravvivere.
Vite pregne di sofferenza, solitudine e disperazione provocate ad altre vite e incise sui loro corpi e sulle loro menti consapevoli e non consapevoli.
Vite segnate da sconforto inconsolabile, da ideali, da culture, da malattie, da scelte.
Vite segnate per sempre.
Si imparo da loro.
A non giustificare.
Alle conseguenze delle scelte.
A conoscere nuove parti di me, come professionista e come persona.
Alla dimensione senza tempo.
Alle opportunità e alle non opportunità.
Alla dignità, al valore, alle possibilità, alla speranza, al futuro, all’amore.
Si, imparo dai peggiori, dai dimenticati, dagli ultimi, senza pietismi e giustificazioni.
Ci penso.
Agli abitanti dei palazzi grigi circondati da sbarre, cancelli e gabbiani appollaiati.